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sabato 25 maggio 2013

Ilva, si dimette il Consiglio di amministrazione: via anche Bondi

Tutti via. Bondi compreso. Il Consiglio di amministrazione dell'Ilva si è dimesso. La clamorosa decisione dopo il vertice, durato tre ore, convocato a seguito del maxi-sequestro preventivo di 8 miliardi di euro deciso dal gip di Taranto il 22 maggio sui beni della Riva Fire Spa che controlla l'Ilva e quindi il siderurgico di Taranto. Il Consiglio di amministrazione dell'Ilva ha dato mandato ai propri legali di impugnarlo nelle sedi competenti, cioè in Cassazione.
L'ORDINANZA - Il Consiglio di amministrazione dell'Ilva, nelle persone di Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure, ha presentato le dimissioni con effetto dalla data dell'assemblea dei soci, che il Consiglio ha convocato per il 5 giugno alle 9, ponendo all'ordine del giorno la nomina del nuovo consiglio di amministrazione. «Il provvedimento (di sequestro) ha effetti - spiega l'Ilva in una nota - oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono tutti strettamente indispensabili all'attività industriale e per questo tutelati dalla legge n.231 del 2012, dichiarata legittima dalla Corte Costituzionale».
POSTI A RISCHIO - Con i sequestri disposti dal gip di Taranto «sono a rischio 24 mila posti di lavoro diretti, 40 mila con l'indotto», sottolineano fonti dell'Ilva dopo l'annuncio delle dimissioni del Cda. «Si sta mettendo in pericolo tutto - proseguono le fonti - c'è il rischio concreto che decine di migliaia di persone restino senza lavoro».
I SINDACATI - «È giunta l'ora che il governo si assuma direttamente la responsabilità della gestione dello stabilimento Ilva di Taranto e di tutti gli altri siti del gruppo siderurgico». Lo afferma il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, commentando la notizia delle dimissioni dal cda dell'azienda dei consiglieri Bondi, Ferrante e De Iure. «Si tratta - aggiunge in una nota - dell'ultimo capitolo di una saga che può avere risvolti drammatici dal punto di vista produttivo, occupazionale ed ambientale. Le dimissioni precedono gli ultimi provvedimenti di sequestro sui beni della famiglia Riva da parte della magistratura e l' intenzione da parte dell'azienda siderurgica di impugnarli». «A questo punto - conclude Palombella - il governo deve assumersi l'onere della continuità produttiva e del risanamento ambientale previsto dall'Aia. C'è bisogno di tranquillità, sicurezza e senso di prospettiva, non solo a Taranto, ma per l'intero Paese. I settori manifatturiero e siderurgico stanno pagando un alto prezzo e la vicenda Ilva ne è la prova. Ripeto, intervenga presto il governo».
SPECCHIA IN LIBERTÀ - Intanto torna in libertà Vincenzo Specchia, 60 anni, residente a Galatina (Lecce), ex direttore generale della Provincia e segretario generale del Comune di Lecce, arrestato il 15 maggio scorso nell'ambito dell'operazione «Ambiente svenduto» della Guardia di Finanza di Taranto. Il Tribunale del Riesame ha accolto l'istanza avanzata dal difensore, Andrea Sambati, annullando l'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip di Taranto Patrizia Todisco. Nel provvedimento si contestava all'ex dirigente della Provincia ionica un tentativo di concussione per costrizione nei confronti dell'ex dirigente del settore Ecologia dello stesso ente, Luigi Romandini, sollecitato a firmare autorizzazioni all'Ilva per l'utilizzo della discarica di rifiuti speciali pericolosi Mater Gratiae, gestita dall'Ilva e situata all'interno de Siderurgico. Specchia, dopo l'arresto, era stato sospeso dal sindaco di Lecce, Paolo Perrone, dall'incarico dirigenziale al Comune.

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