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mercoledì 19 settembre 2012

LIGNANO, PARLA LISANDRA:"LI HO UCCISI IO CON IL COLTELLO"

«Poi il signor Burgato ha detto "Reiver, lasciaci stare" e allora mio fratello ha perso la testa perché aveva fatto il suo nome e ha iniziato a picchiarlo. Sentivo dei colpi contro il muro...». Lisandra Aguila Rico racconta così la follia omicida, il momento cioè in cui i due giovani cubani incensurati si sono di colpo trasformati in spietati assassini, capaci di accoltellare a morte gli anziani coniugi fino a sgozzarli. Paolo Burgato aveva riconosciuto Reiver Laborde Rico, il fratellastro ventiquattrenne di Lisandra, e dicendolo ha firmato la sua condanna. «Io tenevo la signora che voleva aiutare il marito - ha aggiunto Lisandra nella sintesi degli inquirenti - Con la voce roca per non farmi scoprire ho detto a mio fratello "non riesco a tenerla". E allora Reiver ha iniziato a picchiare anche la signora. A quel punto, anch'io ho perso la testa, ho preso il coltello più grande che avevo appoggiato per terra e ho tagliato la gola al signor Burgato e poi anche alla signora...». Brividi. «Ho fatto tutto io», ha ripetuto come un refrain la ventunenne Lisandra nel corso delle sei ore di interrogatorio davanti al pm Claudia Danelon, cercando così di scagionare il fratello. Ma per gli inquirenti Reiver Laborde Rico, 24 anni, è responsabile quanto lei del feroce omicidio di Paolo Burgato e Rosetta Sostero, uccisi nella notte del 19 agosto scorso. Non fosse altro che per la certezza scientifica che entrambi impugnavano dei coltelli e che due sono le lame assassine. Si aggiungono dunque nuovi, truci particolari al duplice delitto di Lignano i cui contorni sono comunque sempre più chiari. I fratelli volevano tornare a Cuba e volevano tornarci con un po' di denaro, soprattutto Reiver che lì ha famiglia, un figlio e un altro in arrivo e aveva già prenotato il volo per Cuba. Hanno pensato così di ripulire i Burgato che conoscevano per via del negozio di casalinghi di fronte alla gelateria dove hanno lavorato entrambi. Volevano la cassa e per averla li hanno aspettati a casa. «Io ho preso i soldi dalla borsetta della signora Burgato e li ho dati a Reiver, non so quanti fossero». Lo sanno con approssimazione gli investigatori coordinati dal capitano Fabio Pasquariello, perché il registratore quel giorno ha battuto circa duemila euro e dunque il «bottino» non poteva essere superiore. Burgato poi era solito nascondere una parte dell'incasso nel magazzino del negozio. Rapina premeditata, dunque, per il pm Claudia Danelon che parla di «movente predatorio» e contesta anche l'omicidio pluriaggravato caricandolo anch'esso della premeditazione nonostante tutto porti a pensare che il delitto non fosse nei piani dei due cubani. Certo, avevano fatto un sopralluogo il giorno prima, erano pure vestiti con tute, passamontagna, guanti e si erano portati da casa i coltelli, ma il delitto no, non poteva rientrare nel loro progetto criminale. A incastrarli, prima del riscontro del Dna sul mozzicone di sigaretta, quattro illuminanti intercettazioni telefoniche registrate sabato scorso dal Ros dei carabinieri. Sono quattro telefonate fra Lisandra e Reiver, il quale chiama e risponde da un luogo vicino a L'Avana, Cuba. Fanno seguito a una conversazione di venerdì scorso fra Lisandra, che si trova in Campania, e sua madre, Sandra Rico, nella quale quest'ultima la informa che i carabinieri andranno da lei per il Dna. «L'hanno preso a me e ora lo prendono a te». Lisandra chiama dunque il fratello. «L'hanno fatto a mia mamma, se capiscono che sono io...». Lui: «Stai tranquilla, non possono arrivare a noi». Ma in una telefonata successiva, Reiver gli consiglia di andarsene: «Scappa via, scappa via». Lei: «Ma non ho una lira». Lui: «Vieni via». In un'altra ancora si parla di impronte. Lisandra: «Come fanno ad avere le impronte se avevamo quelle cose alle mani?». Insomma, il Dna non c'era ancora ma le telefonate, così tradotte dallo spagnolo, sembrano piuttosto compromettenti. Come sembra emergere l'estraneità di mamma Sandra. «È certo che non sapeva nulla - rassicura al telefono il gelataio Enzo Spinelli, suo marito e patrigno dei due giovani - Lei è vittima come me di questa grande tragedia. Anzi, è proprio sconvolta e incredula. Dice "ma com'è possibile che abbiano fatto una cosa del genere, cresciuti come sono con il nonno e la zia, due persone onestissime?». Il procuratore di Udine, Antonio Biancardi, ha parlato di «caso scioccante perché se penso ai due ragazzi non mi ritrovo. Spero comunque in pene esemplari». Fra gli atti del pm, che ha chiesto la convalida del fermo e della misura cautelare in carcere, c'è ora il pilastro della confessione choc di Lisandra. Che si chiude con un brivido di normalità: «Alla fine ci siamo tolti i vestiti nella casa di Burgato e abbiamo messo tutto, anche i coltelli, nello zaino di mio fratello, a parte le scarpe... Non so dove ha buttato lo zaino. Poi siamo andati a dormire... io a casa mia e lui a casa sua».Il giorno prima Lisandra e Reiver si erano svegliati come due ragazzi normali. Poi l'idea di una rapina mai fatta, l'aggressione, lo spavento, il massacro e di nuovo a letto, da assassini.

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